Il Corno d’Africa

Scheda opera

Il Corno d’Africa · codice opera TT72

Dati tecnici

anno2023
data di acquistoacquisito in portafoglio
valore corrente stimato in €consultare la Tabella dei Prezzi aggiornata
identificazione del soggettodipinto astratto/opera ricostruttivista
materiali e tecnicheolio su tela/tecnica mista/opera materica
misure in centimetri cm80 x 60 x 1,8
iscrizionifirma autografa
tecnica di iscrizioneolio
posizione dell’iscrizionesul retro/in basso/a destra
trascrizioneValvo
certificato di autenticitàemesso contestualmente alla vendita
multipli d’artenessuna stampa emessa
stato di conservazioneopera intatta
localizzazione dell’operaRoma · Italia
diritto d’autore© tutti i diritti riservati · globale · S.I.A.E.

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Raisuli Oimar Tancredi Valvo · Il Corno d'Africa ·  2023 · Picture 0 · © All rights reserved S.I.A.E.
Il Corno d’Africa · codice opera TT72

Descrizione opera

Il Corno d’Africa

La carestia, la siccità, i postumi della colonizzazione europea, gli scontri interni, la guerra Somalo-Etiope, l’instabilità politica. Legioni di esseri umani che faticano a sopravvivere ogni singolo giorno.
È per l’appunto nella denuncia dello stato delle cose, nell’arsura e nell’aridità di una terra pressoché infertile e priva d’acqua, nella lotta per sopravvivere e nella fuga dalla violenza cieca che questa tela trova il suo significato apodittico.
L’opera ha una struttura concentrica ed è caratterizzata da una visione tendenzialmente lucida e fredda. L’osservazione inquieta del presente.
La morfologia pittorica di questo lavoro è duplice: tridimensionale da un lato, aerea e squisitamente bidimensionale dall’altro.
In accordo con la prima delle due interpretazioni, ovvero quella tridimensionale, notiamo come l’opera, nella parte centrale, tenda letteralmente a sprofondare verso l’interno. A collassare su sé stessa. Il baratro. Un tunnel prospettico in cui tutto viene assorbito, senza eccezioni di sorta. Un buco nero che tutto risucchia intorno a sé. Un pozzo senza fine. Un burrone. Il vuoto totale. L’incognita.
Gli elementi strutturali ovvero simboli grafici, cerchiature, quadrature, linee aggrovigliate su sé stesse, immagini serpentiformi stilizzate o meno, presenti in modo promiscuo nell’area periferica della tela, perdono gradualmente aderenza, distaccandosi dal proprio piano di riferimento e catapultandosi verso l’oblio. Anche l’incrostazione materica color sabbia, presente nella metà destra dell’opera, pare risentire di tale attrazione inconfutabile, magneticamente risucchiata verso il nulla.
Allo stesso tempo il dipinto presenta una connotazione strettamente ricostruttivista e, dunque, bidimensionale, in base alla quale percepiamo il piano pittorico come una superficie piatta osservata da una prospettiva che potremmo definire aerea. Tonalità calde incombono tutto attorno, a circondare l’elemento centrale dall’aspetto destrutturato: sembra di osservare la carcassa disidratata di un bovino ormai decomposto in mezzo al deserto.
Linee diagonali e sottili, di colore nero, enfatizzano, in forte contrasto con le tonalità sottostanti e per mezzo di una pronunciata obliquità, la direzionalità concentrica della struttura.
Il nostro occhio, in ambedue i casi, è sempre e comunque portato a contestualizzare l’opera in tempo reale, al primo impatto visivo, per poi scivolare verso il punto centrale, digradando verso l’incrocio esatto delle diagonali della tela.
L’opera ha carattere autobiografico, relativamente al trascorso periodo di permanenza dell’autore nelle regioni del centro Africa, nell’ultimo decennio del Novecento. L’artista fece tesoro di queste esperienze e di tutte queste visioni e percezioni, elaborandole per lungo tempo e riproponendole, ormai mature, a distanza di decenni.
Questo quadro possiede una drammaticità di fondo. È innegabile. Al contempo, esprime in modo semplice e diretto il deserto come soggetto, un tema assai caro a Valvo.

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