Scheda opera
Dati tecnici
anno | 2023 |
data di acquisto | acquisito in portafoglio |
valore corrente stimato in € | consultare la Tabella dei Prezzi aggiornata |
identificazione del soggetto | dipinto astratto/opera ricostruttivista |
materiali e tecniche | olio su tela/tecnica mista/opera materica |
misure in centimetri cm | 80 x 60 x 1,8 |
iscrizioni | firma autografa |
tecnica di iscrizione | olio |
posizione dell’iscrizione | sul retro/in basso/a destra |
trascrizione | Valvo |
certificato di autenticità | emesso contestualmente alla vendita |
multipli d’arte | nessuna stampa emessa |
stato di conservazione | opera intatta |
localizzazione dell’opera | Roma · Italia |
diritto d’autore | © tutti i diritti riservati · globale · S.I.A.E. |
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Descrizione opera
Izyum, Ucraina, 2022
Otto Dix, La guerra, 1929 – 1932.
Carlo Levi, Campo di concentramento o Le donne morte (Il lager presentito), 1942.
Aligi Sassu, Guerra civile (I martiri di piazzale Loreto), 1944.
Pablo Picasso, Guernica, 1937.
Izyum, Ucraina, 2022.
Come è evidente, non c’è molto da aggiungere per inquadrare tematicamente questa importante opera di Valvo, eseguita nel 2023, anno in cui lo scontro russo-ucraino è ancora in pieno svolgimento.
L’artista, qui, fa chiaro riferimento al massacro di Izyum, città dell’oblast’ di Charkiv, nella parte orientale dell’Ucraina, perpetrato dall’esercito russo nel 2022 ai danni della popolazione civile locale. Proprio qui sono stati inumati in un bosco di pini, per mezzo di una sepoltura di massa, oltre quattrocentoquaranta corpi di civili inermi e brutalmente massacrati. D’altro canto la “fossa comune” presente ad Izyum è solo uno tra i tanti esempi di barbarie intrinsecamente connessi a questo particolare conflitto.
L’opera è dunque apoteosi di un dramma storico. E di profonda drammaticità è infatti impregnato ogni singolo tratto della composizione.
Il lavoro presenta una struttura per così dire a “tavolozza”. Nella parte centrale della tela, lungo la costola inferiore, è presente un’incrostazione materica quadrata di colore nero. Questo elemento va a connotarsi delle fattezze di un vero e proprio contenitore cromatico e tematico. È, in qualche modo, la tavolozza, la sorgente, il serbatoio pittorico dell’intera opera. In questa e da questa area ben circoscritta si genera e si spande il cromatismo dominante che permea la totalità dello spazio pittorico disponibile. Il giallo, il rosso, il nero. Da questo “vaso di Pandora” sgorga letteralmente il male del mondo. È profusione di malvagità. Lo spargimento di sangue. La violenza, che tutto annichilisce e tutto devasta, in un odio ceco che nulla risparmia.
L’opera è intensamente cruenta. È un’opera che gronda sangue.
Le spoglie mortali delle vittime sono qui rappresentate attraverso un simbolismo grafico, tipico dell’autore, che tuttavia, in questo specifico caso, perde ogni connotazione dinamica, ogni vitalità, ogni movimento ed ogni fremito. Tali elementi, di colore bianco ed in forte contrasto con le tonalità dominanti nella struttura compositiva, affiorano qua e là, in modo disordinato, nello stesso modo in cui i resti delle vittime del massacro affiorano dalla terra che li ricopre. Quasi un grido di vendetta. L’anti-narrazione. L’anti-diegesi. Poiché nell’aspetto della morte stessa e nell’immobilità che le è propria trova espressione la peculiare dinamicità (o meglio l’ “anti-dinamicità”) di questo componimento. Tutto è fermo. Statico. Nello stesso tempo tutto è denuncia. L’urlo di chi non ha più voce ma che, tuttavia, invoca giustizia e lo fa nell’unico modo in cui gli è possibile: quello postumo.
Non resta che osservare attentamente quest’opera, che ci tocca nel profondo, tentando di assimilarne, ove possibile, il monito.
Guardare questo quadro è un po’ come guardare noi stessi, in quanto parte di un umanità che tanto genera quanto distrugge. Izyum è cronaca “a colori” e “in diretta”. È la narrazione, fredda e nitida, del disfacimento più cupo delle relazioni umane.
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